mercoledì 1 luglio 2009

L'Uomo e il manichino

Ogni tanto qualcuno si sveglia con l'idea che mettendo la propria attrezzatura nelle mani di un “arciere meccanico” sarebbe molto più facile per lui metterla a punto, confidando nel fatto che il robotizzato atleta sarebbe molto più affidabile e ripetitivo dell'equivalente umano.

In realtà è proprio il fattore umano a determinare la corretta messa a punto, togliendo il quale non si avrà altro che la conferma di ciò che è già stato tabulato negli anni con l'impiego di arcieri robotici e manichini compiacenti.

Domanda: la messa a punto per il tiro a segno viene effettuata fissando l'arma al banco di prova. Non sarebbe possibile fare lo stesso con arco e frecce?

Risposta: sì, è senz'altro possibile e anzi è uno dei modi per verificare il comportamento neutro dell'attrezzatura. Purtroppo non è esattamente la stessa operazione del caso citato, perché nelle armi da tiro il ciclo di immagazzinamento e restituzione dell'energia meccanica è interno all'arma stessa, mentre nel tiro con l'arco la parte attiva del ciclo è l'arciere. Mettere l'arco sul banco di prova significa eliminare l'attore principale del tiro, cosa che può andare bene quando si effettua un test sul materiale, ma che fornisce risultati incompleti nel caso della messa a punto vera e propria.

Domanda: allora, quando si può delegare con successo la maggior parte di controlli ad un sistema manichino-arco-freccia?

Risposta: quando la priorità non è la personalizzazione dell'atleta ma l'analisi sull'efficienza del sistema (puramente meccanico) arco-freccia. Non bisogna dimenticare però che la messa a punto è l'insieme di più attività specifiche di cui l'analisi non è che l'inizio. Con l'analisi si ottiene una descrizione più o meno accurata della situazione, descrizione alla base di valutazioni complesse che porteranno a sintetizzare un nuovo comportamento.

Domanda: è vero che un sistema ottimizzato sul manichino (sul quale sia possibile simulare la biomeccanica umana) potrebbe essere considerato “standard” di partenza e che in mano ad un arciere reale sarebbero sufficienti poche regolazioni (mirino, molla del bottone) per adattare completamente l'attrezzatura al nuovo sistema?

Risposta: bisognerebbe intendersi sui termini “ottimizzato”, “poche regolazioni” e “adattare completamente”, ma la risposta sarebbe comunque negativa. Le simulazioni, le sperimentazioni in ambiente controllato, le prove di laboratorio non possono dare – per loro costituzione – una risposta concreta ad una necessità della situazione reale, principalmente per le necessarie semplificazioni ed approssimazioni fatte per rendere il complesso sistema osservabile e controllabile. La soluzione ottima in questi casi non è rappresentata dal portare il sistema arciere-arco-freccia in laboratorio ma, al contrario, portare il laboratorio al sistema immerso nella situazione reale. L'ambiente controllato resta comunque valido in tutti i casi di analisi costitutivo del sistema, quando si vuole esplorare la dinamica pura senza l'influenza di fattori di disturbo.

Domanda: allora la messa a punto è legata alla persona che utilizza l'attrezzatura. Ma chi si può permettere di mettere a punto il proprio materiale, ovvero, quale livello tecnico minimo è richiesto per tentare con speranza di successo?

Risposta: molto dipende dal tipo di prove che si intende utilizzare nel procedimento di messa a punto. La maggior parte delle prove dipende fortemente dal livello tecnico dell'atleta, in quanto la valutazione del test avviene “a bersaglio”, al termine della catena di responsabilità. Tuttavia è possibile selezionare un insieme di prove sufficientemente robuste rispetto all'atleta, al punto da garantire valutazioni accettabili ad ogni livello della catena di responsabilità.

In definitiva, si parla di due problemi diversi, con diverse soluzioni pratiche: da una parte la preoccupazione di un costruttore di realizzare un progetto e un oggetto valido, con doti di precisione e ripetibilità in linea con gli standard di produzione; dall'altra la necessità di adattare lo stesso materiale ad un utilizzatore per nulla “standardizzato”, per ottenere la migliore prestazione possibile.

Ma il vero aspetto, spesso dimenticato, che non può rivestire un ruolo secondario nella valutazione funzionale del sistema arciere – arco – freccia, è il forte legame di fiducia che si viene ad instaurare tra l'atleta e la propria attrezzatura durante il procedimento di messa a punto, fiducia che sta alla base di ogni prestazione di alto livello. Proprio questa fiducia è il valore aggiunto della sintonizzazione compiuta in condizioni reali.

Risulta imprescindibile pertanto l'impiego dell'arciere in carne ed ossa in tutte le fasi della procedura di messa a punto e anzi, del medesimo arciere che sarà l'utilizzatore finale del sistema così ottenuto, perché la messa a punto finale, quella ottima, sarà soltanto il miglior compromesso possibile tra il materiale e l'arciere che lo usa.

Dunque, in ultima analisi, i nostri sforzi non devono tendere alla improbabile sostituzione del fattore umano soltanto perché introduce alea nella procedura ma - al contrario - devono essere orientati alla ricerca di metodologie e di strumenti capaci di analizzare quell'alea e rendere robusto ed affidabile tutto il sistema risultante.

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